Un artista, un'opera: GIUSY NUNZIATA

P. Gerardo Santella 23 Maggio 2024
Un artista, un'opera: GIUSY NUNZIATA

Giusy Nunziata è nata a Napoli il 12 maggio 1964 e risiede a Palma Campania. Diplomatasi presso il locale liceo classico “A. Rosmini”, ha frequentato l’ISEF e si è dedicata all’insegnamento di Educazione Fisica. Attualmente è docente presso l’ISIS “Caravaggio” di San Gennaro Vesuviano. Ha manifestato fin dalla scuola media attitudine per il disegno, che ha coltivato negli anni occasionalmente come esercitazione per “diletto”, facendone poi quasi una seconda professione a cominciare dal periodo di isolamento del Covid. Una pratica dalla quale ricava una sensazione di benessere per sé, ma anche opportunità di incontro e dialogo con i suoi fruitori.

Mostre personali

L’artista ha realizzato tre mostre personali, tutte a Palma Campania, nel 2022, 2023, 2024, con lo stesso titolo, L’arte per donare speranza, che definisce anche la finalità sociale della sua attività, che coniuga arte e solidarietà: il ricavato della vendita dei suoi dipinti viene devoluto alla Fondazione dell’ospedale “Pausillipon” di Napoli.

L’OPERA: UN AZZURRO OSCILLANTE TRA LIBERTA’ E VUOTO

Per una interpretazione dell’opera della nostra artista proponiamo, con lievi modifiche, un testo pubblicato sul quindicinale Il Pappagallo in occasione della sua personale del 2023, che ne analizza estetica, tematiche e stile:

 “Cactus, velieri, fiori sono gli oggetti presenti nella pittura di Giusi Nunziata. Oggetti che hanno nello stesso tempo una dimensione fisica e meta-fisica, nel senso che la loro fisicità denotativa si connota di un surplus allusivo che rinvia ad una “realtà altra”, non immediatamente percepibile, che richiede, per essere svelata, il contributo di intelligenza del fruitore.

Segno stilistico dominante di questa caratterizzazione “allegorica” è il colore, che però non è quello naturalistico che gli oggetti hanno nella realtà, ma quello che lo sguardo e lo stato d’animo dell’artista attribuisce ad essi. Così i cactus che si ergono in una terra arida non sono solo verdi, ma anche azzurri, su uno sfondo che richiama ora un cielo luminoso, ora un deserto sabbioso, ora un acceso tramonto, ora un rilievo petroso; così anche i velieri multicolori che galleggiano o scorrono placidamente sulla distesa marina dove il blu si irradia in tutta la gamma delle sue sfumature, quasi tramate da una variazione di echi e persistenze musicali; e ancora i fiori in cui talora i colori delle foglioline della corolla si aggrumano in una densità materica, che squarcia la superficie piatta della carta e la finzione artistica in cui son racchiusi per irrompere nella realtà: un segno della loro sensuale bellezza ma anche della loro fragile delicatezza.

Colori, quindi non naturalistici, ma, come i paesaggi dipinti, corrispondenti per analogia allo stato d’animo della pittrice.

Prendiamo, ad esempio, il colore prevalente nei vari dipinti, l’azzurro, espresso nella totalità delle dimensioni spaziali che gli appartengono: la profondità, l’altezza, la distanza. Un colore che si sottrae, che si colloca sempre in lontananza, discosto da ogni componente terrestre: rinvia al mare, al cielo, all’infinito, all’immensità dello spazio e del tempo, alla libertà incondizionata. Ma, per l’oscillazione tra una doppia polarità che caratterizza ogni colore, accanto al meraviglioso, alla tensione verso un “altrove” in cui evadere per ritornare e ritrovare una sorta di edenico nirvana, esso reca nella sua freddezza e distanza anche il senso del nulla. Nel suo fondo si cela un vuoto in cui “l’altrove azzurro” si rivela mera illusione. Ma persiste nell’intenzione dell’opera, laddove si incontrano autore e osservatore, la manifestazione di accesi sentimenti vitalistici, l’aspirazione a liberarsi dai lacci della quotidianità per librarsi in uno spazio non geografico, ma interiore, in una condizione di indifferenza, che è accettazione di un hic et nunc che continui a dar senso a una vita che sempre si rinnova, pur nelle sue naturali e contingenti interruzioni.

Voglio ancora sottolineare come alcuni dipinti assumano un valore più prettamente simbolico, laddove gli oggetti, pur essendo definiti nella loro rappresentazione, non si mostrano per la loro funzione utilitaristica, ma sono la materializzazione di uno stato d’animo, una condizione umana e non danno risposte univoche al disagio dell’osservatore, ma gli pongono domande che si prestano a varie interpretazioni a secondo della sensibilità e della cultura dell’occhio che guarda.

Mi soffermo a guardare due piccoli dipinti: su uno sfondo azzurro cupo: in uno osservo una porta esterna chiusa adornata da una cascata di fiori violacei, nell’altro una finestra chiusa che si apre sul davanzale di un balcone anch’esso fiorito. Ingenuamente potrei chiedere all’autrice:

“Perché la porta e la finestra sono chiuse? Quale significato rappresentano questi due oggetti? Cosa simboleggiano? Perché domina il colore azzurro? E l’insieme è uno spazio reale o onirico, come sembrano suggerire i colori non naturalistici, ad esempio quella luce verde che occupa lo spazio dietro la finestra? E l’erba che sembra invadere la porta?”.

Aleggia un mistero. Inutile chiedere all’artista di sciogliere l’enigma. Rimane sempre un quid indefinibile e ineffabile, un’ombra che nessuna luce ermeneutica può restituire pienamente alla luce”.

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