Parole parole parole: INTELLETTUALE

Pasquale Gerardo Santella 25 Marzo 2021

Nella percezione popolare l’intellettuale è uno con la testa tra le nuvole, privo di senso pratico, che all’azione e alla risoluzione dei problemi della vita quotidiana preferisce il pensiero e l’ozio tra letture, scrittura e conversazioni.

Tanto che un giornalista napoletano scherzosamente faceva derivare la parola dall’espressione dialettale int’ ‘o lietto (dentro il letto) ad indicarne il suo comportamento contemplativo nei confronti della realtà.

Ma c’è anche una percezione elitaria della parola, per cui l’intellettuale si distacca dalla massa per la sua capacità di elaborare pensieri, concetti, opere letterarie che svolgono la funzione di promuovere lo sviluppo della società sul piano culturale.

L’etimologia della parola ci chiarisce il suo significato essenziale. Intellettuale viene dal verbo latino intelligere composto da intus e legere, leggere dentro. Allora intellettuale è chi ha  la capacità di leggere dentro le cose, di chi non si accontenta di una visione superficiale e sensoriale della realtà così come essa si presenta, spesso  mascherata ad uso e consumo dei gestori del potere, ma scrosta la scorza di cui essa è rivestita per “leggerla” a fondo, comprenderla in tutti i suoi aspetti e svelarne i meccanismi di manipolazione con cui essa è stata confezionata per trasmetterne una falsa immagine per il pubblico non capace di leggere dentro.

Una funzione, dunque, rivoluzionaria quella degli intellettuali autentici, di dissenso nei confronti di qualsiasi forma di potere che coarti la libertà di pensiero. Anche se, purtroppo, ci sono anche molti servi dei padroni di turno, che si vendono per onori e soldi facendo bella mostra di sé in particolare nei salotti televisivi.

Una curiosità: Pier Paolo Pasolini, il maggiore intellettuale del Novecento italiano, alla voce “Professione” sulla carta di identità scriveva inteletuale con una l e una t. Come dire: facciamo il nostro mestiere con umiltà alla ricerca della nuda verità.

Non è il caso di gonfiarci per la nostra intelligenza, neanche nelle consonanti della parola con cui ci definiscono. Infine, dovessi infine scegliere un motto per gli intellettuali, non avrei dubbi: e lascia pur grattar dov’è la rogna (Dante, Paradiso, XVII, v.132), cui rinvio per il piacere del lettore.

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