Parole parole parole: BIRKENAU

Pasquale Gerardo Santella 21 Gennaio 2021

Approssimandoci al giorno della memoria ricordiamo la Shoah attraverso l’etimologia e il senso della parola Birkenau, che assieme ad Auschwitz, evoca i due campi tedeschi adibiti allo sterminio delle popolazioni ebree d’Europa.

Il nome Birkenau significa “il luogo delle betulle”. Sono stati proprio questi alberi – betulle si dice Birken, bosco di betulle Birkenwald – ad aver dato il nome al luogo. Nella parola Birkenau, la desinenza au designa precisamente il prato dove crescono le betulle; è dunque una parola che indica un luogo in quanto tale. Ma è anche una parola che designa il dolore stesso: l’esclamazione au! in tedesco corrisponde al modo più spontaneo di esprimere la sofferenza, come in italiano ahi!

All’ombra delle betulle di Birkenau si sono consumati migliaia di drammi di cui testimoniano soltanto alcuni manoscritti per metà cancellati e seppelliti nella cenere dai prigionieri ebrei, anch’essi destinati alla morte, incaricati di occuparsi dei cadaveri.

La betulla, in numerose lingue slave, è associata alla rinascita primaverile, evoca la linfa che ricomincia a circolare negli alberi dopo la morte invernale. Un invito a far rivivere spettri e larve umane dissoltisi come fumo nell’aria, ad ascoltare le loro voci.

Nel luogo, dove ancora oggi i visitatori sono accolti da legno, mattoni, cemento, filo spinato vogliamo affidare la memoria a brandelli di scorze sfilacciate di betulla, che si vanno arricciando come resti di fogli bruciati, in cui però sono ancora leggibili graffi e tracce del passato.

Nell’antichità e poi nel Medioevo, la corteccia delle betulle era utilizzata come supporto per la scrittura.

E la parte interna della scorza, quella che aderisce al tronco e che più facilmente si presta ad essere usata come materiale di scrittura, era detta dai latini “liber”.

Quella cosa su cui scrivere i brandelli della nostra memoria.

Quella cosa fatta di superfici, di pezzi di cellulosa tagliati, estratti dagli alberi, in cui vengono a riunirsi le parole e le immagini.

Quella cosa che chiamiamo libri, che conservano in segni neri scritti sulla superficie bianca le parole del passato, che noi stasera squaderniamo per farle volare a raggiungere il vostro corpo e la vostra mente.

Sono le voci dei fantasmi del passato che chiedono di essere ascoltate e si materializzano sulla scena attraverso l’evocazione della Memoria.

(dal mio testo teatrale Scorze di betulle, rappresentato il 27 gennaio 2015 nella sala teatrale di Palma Campania)

ULTIMI ARTICOLI