Parole parole parole: CIAO

Pasquale Gerardo Santella 23 Dicembre 2020

La nostra rubrica si prende una pausa. Ritornerà il giovedì dopo l’Epifania. Vi auguro giorni sereni e mi congedo momentaneamente con il saluto più naturale e diffuso nel nostro paese: CIAO.

La Parola che nel 1990, quando si trattò di scegliere un nome per chiamare la mascotte dei mondiali di calcio risultò di gran lunga la preferita dagli italiani; la prima parola che impara a dire ogni straniero che viene in Italia.

Certo la fortuna della parola è stata favorita dalla sua brevità e facilità di pronunzia, ma anche dalla sua curiosa storia, che da saluto dei cicisbei settecenteschi con un inchino davanti alla propria dama, si è trasformato in un saluto amichevole, il più confidenziale del nostro linguaggio.

Ma da dove viene questa parola? Dalla Lombardia, che l’aveva presa dal dialetto veneziano, alterando s-ciao, in italiano schiavo. In origine, infatti, nel Veneto era forma comune di un saluto reverenziale: “schiavo vostro”, “vostra schiava”, utilizzata anche come formula di commiato ossequioso nelle commedie di Goldoni.

Una espressione questa diffusa anche con variazioni per esprimere lo stesso concetto. Ricordo, per curiosità, che all’inizio dei miei cinque anni di permanenza in Veneto come insegnante nella prima metà degli anni ’70, rimanevo molto sorpreso del fatto che se mi rivolgevo ad una persona, conosciuta o meno, per una informazione o richiesta, mi sentivo sempre dire: “Comandi!”.

Reminiscenza di “schiavo vostro”, ma anche del mito della Grande guerra, ancora molto diffuso in quei luoghi. Nella forma lombarda ciao si è diffusa in tutta la penisola e ha perso qualsiasi riferimento al suo uso originario.

Per fortuna! Perché così possiamo dirla liberamente senza dirci schiavi di nessuno. E aggiungo come postilla, neanche vogliamo imporre alcunché a chi ci dicesse: “Comandi!”.

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