Parole parole parole: FEGATO

Pasquale Gerardo Santella 26 Febbraio 2021

Quando ero un ragazzo, tra le varie pietanze la mamma un paio di volte al mese preparava fegato fritto con cipolle. Diceva che era sostanzioso e faceva bene al mio gracile organismo. Ne mangiavo molto di malavoglia, solo alcuni pezzetti perché non mi piaceva né l’odore né il sapore.

All’epoca peraltro, parlo degli anni cinquanta/sessanta, non si poneva il problema che un cibo potesse piacere o non piacere. Si mangiava quello che si trovava a tavola senza fare troppo gli schizzinosi. Al contrario della carne, mangiavo volentieri la frutta. I miei preferiti erano i fichi, che spalmavo sulle fette di pane come marmellata e la cui stagione purtroppo durava poco.

Ma chi l’avrebbe detto che, linguisticamente, il fegato e i fichi erano strettamente collegati tra di loro?

I Romani amavano, specie nell’età imperiale, i cibi prelibati e i manicaretti elaborati. A preparare le ghiottonerie per la loro tavola provvedevano, ovviamente nelle case dei ricchi, abilissimi cuochi. Uno dei piatti preferiti era il fegato con contorno di fichi e particolarmente il fegato d’oca farcito di fichi.

Fegato in latino si diceva iecur, e fico ficus; il piatto a base di fegato e fichi fu detto dunque iecur ficàtum; col tempo si fece a meno di iecur e rimase il solo ficatum. Questa parola, poi, dal significato di fegato con fichi passò a quello semplice di fegato e, successivamente, con spostamento dell’accento, si passò dalla forma ficàtum alla forma fìcatum:il passo per l’italiano fegato fu breve.

Ma certo per me ancora oggi ci vorrebbe un bel fegato, che non ho, per mangiare il fegato e ancor di più se con contorno o imbottito di fichi.

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