LA ZONA ECONOMICA SPECIALE IN AIUTO DELL’ECONOMIA ITALIANA

Giuseppe Montuori * 1 Agosto 2023
LA ZONA ECONOMICA SPECIALE IN AIUTO DELL’ECONOMIA ITALIANA

Di recente l’Unione europea ha dato la propria disponibilità alla creazione nel nostro Paese di una “Zona Economica Speciale unica” per le regioni del Sud, allo scopo di rendere il mezzogiorno d’Italia più interessante ed attrattivo per gli investimenti (soprattutto esteri), con una burocrazia inesistente capace di ridurre i tempi delle procedure autorizzative ed importanti sgravi fiscali che fungano da volano per l’economia del Paese, mirata a ridurre il divario “produttivo” che, allo stato, spacca in due il Belpaese, con un nord industrializzato, al quale si contrappone un sud arretrato e, talvolta, depresso.  

In effetti il governo italiano e, più in particolare, il ministro Raffaele Fitto (1), (grazie anche all’interessamento della premier Giorgia Meloni), ha avuto una interlocuzione, dallo stesso definita “positiva”, con il vice-presidente e commissario alla concorrenza Margrethe Vestager (2), in materia di aiuti di stato, di una maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse e, di maggiori agevolazioni fiscali e contributive a beneficio della nostra penisola. Gettare le basi, quindi, per disegnare un tessuto economico-sociale - soprattutto per le regioni meridionali - basato non più su logiche assistenzialistiche ma predisporre una maggiore e costante crescita, sviluppo e competitività del territorio.

Naturalmente questi fattori apporteranno benefici sotto tutti gli aspetti. In una recente intervista il ministro della Coesione e del Pnrr…. ha tenuto a precisare che è necessario cambiare l’approccio ed il modello di decenni di politiche per il Mezzogiorno che spesso non funzionano ed è necessario quindi creare fattori efficienti di misure in grado di attrarre sempre maggiori investimenti che, naturalmente, servano ad accrescere anche il capitale umano, creando un tessuto sociale, economico e produttivo capace di promuovere uno sviluppo a 360° dal punto di vista sociale, economico e culturale (perché la povertà porta arretratezza e depressione), che serva, anche a frenare la fuga dall’Italia di tanti giovani diplomati e laureati, perché è antieconomico che il nostro Paese sostiene i costi per consentire ai giovani italiani di conseguire un titolo di studio ed altri Stati ne beneficiano.

Decontribuzione, crescita economica e sviluppo occupazionale, sono questi i tre fattori fondamentali per colmare il divario Nord/Sud e non semplici politiche spot, il nostro governo vuole porre in essere un disegno di lungo periodo per valorizzare il Mezzogiorno d’Italia al centro del Mediterraneo e, non finalizzato a se stesso, ma che serva anche d’ausilio per altre misure strategiche quali ad esempio la crisi demografica, causa dello spopolamento del Sud, così come l’immiserimento socio-educativo e culturale. Questo è uno dei nostri obiettivi e con l’impegno del governo attuale sarà reso possibile tutto ciò, ha commentato in una recente intervista il nostro primo Ministro, on. Giorgia Meloni. 

Dello stesso avviso si è detto il vicepremier azzurro e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, numero uno di Forza Italia, secondo cui le ZES devono servire a creare nuove e più efficienti infrastrutture, migliorando i collegamenti sia via mare che via terra, facilitando in tal guisa i trasferimenti delle persone e delle merci. Vediamo a questo punto di entrare più nel dettaglio di tale fattispecie. Le ZES sono istituite con D.P.C.M., da adottare su proposta del Ministro per il Sud e la Coesione territoriale. Le proposte di istituzione delle ZES possono provenire dalle Regioni meno sviluppate (3)  ed in transizione (4), così come individuate dalla normativa europea, con le modalità prescritte dal DPCM 25 gennaio 2018, n. 12  (Regolamento recante l’istituzione di Zone Economiche Speciali) che stabilisce modalità e condizioni per la presentazione della domanda, anche con riferimento al piano di sviluppo strategico da allegare, durata e criteri generali per l’identificazione e la delimitazione dell’area, nonché i criteri che disciplinano l'accesso delle aziende ed il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo.

Amministrazione e istituzione, delle ZES sono regolate dall’articolo 4 del decreto-legge n. 91/2017 , così come modificato  dal decreto-legge n. 77/2021(5) - art. 57(6) - che ha operato una riorganizzazione della struttura di funzionamento delle ZES, anche ai fini dell’attuazione degli interventi previsti dal PNRR.

Grazie al PNRR sono state introdotte nuove riforme sia per agevolare l’insediamento di nuove imprese e sia per permettere alle nuove startup di diventare cantierabili in tempi rapidi.

Tra gli strumenti fiscali più importanti previsti dalle ZES troviamo, tra l’altro, il credito d’imposta, detassazione, riduzione dei dazi doganali, esenzioni IVA su importazioni correlate ad esportazioni, riduzione del 50% dell’imposta sui redditi e sui profitti societari, incentivi all’occupazione, ecc.

Attualmente in Italia ci sono 8 zone economiche speciali e, sono, l'Abruzzo, la Campania, la Puglia, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.

Questa particolare condizione di sviluppo ha inizio a partire dal 1937, con una crescita costante di aree sottoposte a questa condizione, ad oggi sono 130 i paesi nel mondo ad aver implementato ZES con oltre 4.300 aree con un particolare sviluppo in Asia, nel Pacifico e nelle Americhe. Le prime aree ZES sono sorte negli anni ’30 negli Stati Uniti d’America, poi negli anni cinquanta seguirono in Irlanda (1959) nell'area dell' aeroporto di Shannon. Quindi in Cina da parte di Deng Xiaoping  fu creata la prima zona economica speciale di Shenzen nel 1979. Oggi la Cina collabora con molti paesi africani nel creare nuove ZES.

Dopo circa 25 anni dalla sua creazione, nella ZES cinese di Shenzen gli scambi commerciali sono cresciuti circa di 17 volte con un aumento del volume del commercio estero fino al valore di oltre 443 miliardi di dollari e una crescita annua del PIL dell'area intorno al 9%.

Ad ogni modo, speriamo che l’idea di trasformare l’intero Mezzogiorno d’Italia in un’unica grande Zona Economica Speciale, a bassa fiscalità e burocrazia ridotta, come proposto dal ministro Raffaele Fitto alla Commissione Europea, non rimanga una pia illusione per il Sud e il suo tessuto produttivo e industriale. Non resta che attendere con animo fiducioso il realizzarsi di tale evento che, sicuramente, apporterà benefici all’intera Nazione.


1. Ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione e il PNRR, nonché con deleghe al Sud;
2. Margrethe Vestanger, politico danese della sinistra radicale, membro del Parlamento europeo, appartenente al gruppo dei liberaldemocratici. Conosciuta come la donna che più di tutti, negli ultimi anni, ha dato filo da torcere ai giganti dell’economia digitale;
3. Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, cioè quelle che hanno un PIL pro-capite inferiore al 70% della media europea;
4. Abruzzo, Marche, Umbria, cioè quelle che pur avendo un PIL tra il 70 e il 90% della media europea, hanno tuttavia ancora carenze infrastrutturali e strutturali;
5. Il decreto contiene misure di semplificazione delle procedure di affidamento lavori, servizi e forniture; si tratta di norme che mirano a ridurre i tempi procedurali delle gare di appalto;
6. Titolo V - Semplificazioni in materia di investimenti e interventi nel Mezzogiorno - Zone economiche Speciali (Abruzzo, Calabria, Campania, Ionica Interregionale Puglia-Basilicata, Adriatica Interregionale Puglia-Molise, Sicilia Orientale, Sicilia Occidentale, Sardegna).



* (Dottore in Scienze della Pubblica Amministrazione) 
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