La storia delle privatizzazioni in Italia

Giuseppe Montuori * 12 Dicembre 2023
La storia delle privatizzazioni in Italia

In Italia già a partire dalla fine del 20° secolo e, più precisamente, dal 1992, ha avuto inizio la storia delle privatizzazioni, in particolare, lo specifico programma ha riguardato la dismissione di alcune decine di aziende pubbliche, per un introito che, fino al 2005, si aggirava intorno ai 100 miliardi di euro. Per alcuni addetti ai lavori (politici, alti dirigenti dello Stato, ecc.), l’effetto primario delle privatizzazioni è stato la riduzione del debito pubblico, già all’epoca di rilevanti dimensioni, basti pensare che fino al 1994 il rapporto debito/Pil era pari al 121%, passando poi nel 2005 a circa il 106%.  

Sempre secondo costoro il processo di privatizzazione ha consentito una riduzione dei costi (le spese per gli interessi passivi), ma non solo, tale operazione, ha portato anche ad uno sviluppo del mercato finanziario, come ad esempio l’incremento degli investimenti da parte dei risparmiatori, soprattutto nel settore dell’azionariato.

A questo bisogna aggiungere anche la non florida situazione finanziaria in cui versavano alcune tra le più grandi aziende pubbliche nostrane e, tutto ciò, spinse l’allora governo guidato dal Presidente del Consiglio Giuliano Amato, insediatosi nella primavera del 1992 a varare il famoso D.L. 11 luglio 1992, n. 333, recante "Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica" (pubblicato sulla G.U. nr. 220 del 18 settembre 1992).

Quest’ultimo decreto, tra le altre cose, riguardava la conversione dei grandi gruppi pubblici in società per azioni, alle dirette dipendenze del Ministero del Tesoro. A tal uopo nel giugno 1993 fu creato uno specifico comitato che aveva il compito di fornire sia consulenza che garanzia sulle privatizzazioni da attuare.

Tra le prime dismissioni figura quella eseguita dall’ENI nel 1993 ed afferiva alla vendita della Nuovo Pignone, azienda fiorentina che nel gennaio del 1954 (nonostante da poco avesse cessato l’attività), grazie all’intuito di Enrico Mattei fu rilevata dall’ENI, cambiando successivamente il nome in Nuovo Pignone - Industrie Meccaniche e Fonderia Spa.

Il merito di E. Mattei fu quello di un rinnovamento aziendale, sia strutturale che produttivo, indirizzando quest’ultima nel settore del petrolio, della petrolchimica ecc., a seguito di ciò l’azienda conobbe un sostanzioso aumento delle commesse e del fatturato.  Seguì quindi la cessione da parte del gruppo presieduto da Romano Prodi (IRI) della Italgel (già Tanara Srl), alla Nestlè SA (società fondata nel 1866 dal farmacista di origine tedesche Henri Nestlè), nonché del gruppo Cirio Bertolli De Rica ad una cordata guidata dalla Fisvi (finanziaria guidata al 60% da alcune cooperative e banche). Ad ogni modo la vendita delle società  pubbliche, da molti definite i gioielli di famiglia, ha riguardato diverse aziende e, tra queste, figurano l’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi creata nel 1953 da E. Mattei e convertita poi in SpA nel 1992), l’Enel (Ente Nazionale per l’Energia Elettrica che nel 1962 viene istituita come azienda pubblica e nel 1992 privatizzata in SpA), l’IMI (Istituto Mobiliare Italiano, costituito come ente pubblico nel 1931, banca specializza sia nel credito industriale che nella ricostruzione del paese a partire dal secondo dopoguerra), l’INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni, istituito nel 1912 con decreto del ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio Francesco Saverio Nitti, era il IV governo Giolitti), la BNL (Banca Nazionale del Lavoro, Azienda di credito costituita nel 1913 che nel 1992  fu trasformata in Società per Azioni e nel 2006 controllata della francese BNP Paribas).  Arriviamo dunque alla alienazione e quindi privatizzazione di una delle più grandi società di telecomunicazioni del mondo, la SIP (Società Italiana per l’Esercizio Telefonico facente parte del gruppo IRI), in Telecom Italia Mobile SpA e, dal 1994 Tim.

La privatizzazione di Telecom come regalo alla Fiat (Quotidiano Nazionale), è stata responsabilità del governo di Romano Prodi (ottobre 1997) ed è stata programmata qualche anno prima, il 2 giugno 1992, su un panfilo (ancorato al largo di Civitavecchia), dei reali inglesi, il “Britannia” con il contributo sostanziale di Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022, al tempo direttore generale del Ministero del Tesoro.  

Sul Britannia ci fu un incontro riservato (per discutere delle privatizzazioni) tra top manager italiani e britannici, erano presenti i presidenti di ENI, INA, AGIP, SNAM, ALENIA e Banco Ambrosiano, l’ex ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e, come detto, Mario Draghi. Quest’ultimo, per molti fu l’artefice delle privatizzazioni, insieme a Romano Prodi, e l’ing. Carlo De Benedetti (Quotidiano Nazionale). Qualcun altro inserisce anche Mario Monti.

C’era quindi chi sosteneva che la vendita ai privati avrebbe reso le imprese pubbliche "più efficienti", rafforzando il tessuto produttivo del Paese. Tuttavia non tutti sposavano quest’ultima tesi, secondo altri, invece, si è assistito alla scomparsa o al forte ridimensionamento della grande impresa privata: Fiat, Olivetti, Montedison, Pirelli e Falck (acciaieire). Le attività privatizzate più esposte alla concorrenza - fra cui Ilva, Italtel o successivamente Alitalia - hanno vissuto dei clamorosi fallimenti competitivi. In quelle a carattere monopolistico, in primis Telecom Italia e Autostrade, la profittabilità che prima costituiva una fonte interna di finanziamento del sistema pubblico si è trasformata in una rendita privata per pochi.  A 30 anni dall' atto che decretò la fine dell'economia mista, il sistema produttivo è in una fase di profondo declino, quasi del tutto periferico rispetto all' oligopolio internazionale dei grandi player industrial (Il Fatto Quotidiano – Come l’Italia si privò della sua azienda pubblica).    Passarono ai privati pezzi importanti della produzione e gestione dei grandi servizi (Gianluigi Da Rold).

Secondo la Corte dei Conti …… si evidenzia una serie di criticità che vanno dall’elevato livello dei costi, ad una scarsa trasparenza e chiarezza delle ripartizioni delle responsabilità…. La mancata crescita di oggi è frutto delle disgraziate privatizzazione degli anni novanta, privatizzazioni fatte per gli amici degli amici, eliminando la concorrenza italiana per le aziende straniere (Giulio Sapelli).     Secondo Lorenzo Necci “l’Italia fu svenduta”.

Naturalmente quando c’è da spostare grandi masse di danaro, la gestione viene affidata alle banche, soprattutto i grandi Istituti bancari internazionali, una delle prime nel mondo è la banca d’affari americana Goldman Sachs che, da Romano Prodi a Mario Monti, ed infine a Mario Draghi, tanta influenza ha avuto sui destini d’Italia – e di quelli di molti paesi dell’Unione Europea (Silverio Allocca - gli Stati Generali).

Prodi fu consulente in Goldman Sachs dal 1990 al 1993, subito dopo aver lasciato la presidenza dell'IRI che aveva contribuito a privatizzare tre anni prima di diventare Premier. 

Mario Monti fu consulente internazionale per Goldman Sachs dal 2005 al 2011, anno in cui venne incaricato di formare il governo da Napolitano. Draghi, nel 2002, venne nominato Vicepresidente e Managing Director in Goldman Sachs. Entrò nella banca americana un anno dopo aver lasciato la direzione generale del Tesoro e se ne andò per fare il governatore di Bankitalia (con i risultati su MPS che gli italiani informati ricordano bene).

Tre degli ultimi otto Presidenti del Consiglio hanno lavorato per una delle più grandi banche d'affari del pianeta. Una banca che fa politica. Ma non è tutto. Anche Gianni Letta, nel giugno del 2007, venne arruolato da Goldman Sachs. Non sarà stato Premier ma Gianni Letta fu il braccio destro di Berlusconi a Palazzo Chigi. Fu Sottosegretario di Stato nel '94-'95, poi dal 2001 al 2006 e poi dal 2008 al 2011, ovvero dopo essere stato ingaggiato da Goldman Sachs.

Aggiungo una cosa ancora. Mi risulta (fonte La Repubblica) che nel 2003 Goldman Sachs prestò parecchio denaro (2,8 miliardi di euro) al gruppo Benetton per concludere l'acquisto di Autostrade che già controllava dal 1999, anno della privatizzazione fatta a cavallo dei governi Prodi e D'Alema con Draghi direttore del Tesoro. Nel 2003 Draghi che - quattro anni prima si era occupato della privatizzazione delle autostrade - lavorava in Goldman Sachs(Alessandro Di Battista).

La stagione delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni non ha prodotto i vantaggi ai cittadini che erano stati “promessi” in nome del libero mercato. Forse perché tanto libero questo mercato non lo è…. (Gianluigi Paragone).   Il presidente emerito della Repubblica italiana, Francesco Cossiga, nel corso di un collegamento telefonico (2008) alla trasmissione televisiva Unomattina, condotta su Rai uno dal giornalista Luca Giurato, definiva Mario Draghi, all’epoca Governatore della Banca d’Italia “Un vile affarista e liquidatore dell’industria pubblica italiana”.

Ad ogni modo l’esposizione dei fatti sopraindicati, avvenuti in Italia nel corso del ventennio 1990/2010, nel bene e/o nel male, a seconda dei giudizi dei vari addetti ai lavori (politici, economisti, giornalisti, ecc.), rappresenta (in sintesi), la storia delle privatizzazioni delle maggiori aziende pubbliche del Belpaese.


* (Dottore in Scienze della Pubblica Amministrazione) 
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