Voluminosa a Palma Campania: intervista al direttore artistico Luca Borriello

Diletta Iervolino 1 Ottobre 2021
Voluminosa a Palma Campania: intervista al direttore artistico Luca Borriello

La Biblioteca Comunale ‘Coppola’ di Palma Campania ha tenuto a battesimo il progetto Voluminosa. A capo della direzione artistica di questo primo circuito di street art in scultura - promosso dal Comune e dall’Assessorato alla Cultura - vi è Luca Borriello dell’Osservatorio sulla Creatività Urbana INWARD.

Finanziato dalla Città Metropolitana, il programma si fonda sulla convinzione che l’arte possa fungere da strumento di rigenerazione urbana, sull’aspirazione a creare un vero e proprio museo a cielo aperto, sull’obiettivo di rendere Palma un’attrazione turistica mediante un inedito circuito di arte urbana.

Il giornalista Antonio D’Ascoli ha moderato la conferenza di presentazione, alla quale erano presenti il Sindaco di Palma Campania Aniello Donnarumma, l’Assessore alla Cultura Elvira Franzese e il Direttore di INWARD Luca Borriello.

Svariate le anticipazioni sugli artisti di fama internazionale selezionati da commissioni apposite e sulle cinque opere che verranno installate sul territorio palmese, preannunciandone alcuni dettagli sulle tematiche e i luoghi scelti: il tutto con l’obiettivo di portare alla luce i tratti identitari del paese e valorizzarne centro e periferie. L’inaugurazione delle installazioni avverrà a partire dalla prima metà di ottobre.

Una scultura dalle forme avvolgenti in relazione allo spazio che la ospiterà sarà quella di Dado, dal titolo “Colonna”; Geometric Bang invece presenterà un’opera metallica, intitolata “Carnuja”, una sorta di vela e sagoma di figura femminile dai colori arcobaleno, che richiamano le festività carnevalesche, rimandando alle origini antico-romane di queste ultime; omaggio al pittore castellano Salvatore Pietro Caliendo sarà l’opera di Jabo, dal titolo “Verismo Palmese” e dalla interessante interattività nella fruizione; la geometria il volume e i colori caratterizzeranno “Joysbelisque”, un’altra opera dedicata al Carnevale, dell’artista Joys; romantica e violenta al tempo stesso l’espressione artistica di Gomez, quest’ultimo presenterà “La Vergine del Fuoco” rimandando alla distruzione di Teglanum a causa dell’eruzione del Vesuvio, ma anche alla sua capacità di risorgere dalle ceneri.

Gli effetti visivi della cultura e dell’arte urbana si rivelano, dunque, degli strumenti non solo per ridare identità e dignità a uno spazio, ma anche per rieducare la gente a riconoscere la storia, la bellezza e soprattutto a prendersene cura. Ovvero, ad abitare consapevolmente un territorio. Sono propriamente questi i risultati che ci si aspetta dalla rigenerazione urbana, dal rigenerare, appunto, una porzione di città, implicando però processi culturali sociali ed economici. Diverso, invece, è il concetto di riqualificazione urbana, che prevede degli interventi più specificamente strutturali, volti a ridefinire una porzione di città conferendogli una nuova qualità. A proposito di questa sfumatura di significato, abbiamo rivolto alcune domande al Direttore Artistico, Luca Borriello.

Come fa l’arte, in quanto espressione estetica, ad aiutare effettivamente un territorio e in che modo tale progetto di rigenerazione può determinare risultati concreti, se non preceduto o almeno accompagnato da una riqualificazione urbana?

L’esempio classico è quando si arriva con un cestello per predisporre un murale sulla facciata di un edificio. Spesso capita che i condòmini sottolineino “venite a dipingere un murale quando poi ci piove in testa”. Sono due cose disgiunte ed entrambe giuste, ovvero l’idea di un arricchimento artistico e la richiesta sacrosanta della sicurezza della propria salute. Ovvio che, sulla bilancia, prevalga l’esigenza di vivere nelle condizioni migliori possibili. Le priorità, tuttavia, sono condizionate dalle destinazioni predefinite dei finanziamenti ottenuti. Comprensibilmente, riqualificazione e rigenerazione dovrebbero dialogare nel modo più armonico.

Dunque, l’ottimale sarebbe che la rigenerazione sociale e culturale dei quartieri attraverso l’arte camminasse di pari passo con una riqualificazione urbana strutturale e sostanziale?

L’idea è sempre quella di creare un masterplan, coniugando direttrici ed esigenze sul piano orizzontale, quindi sul territorio, cercando la migliore sinergia possibile; in verticale, invece, questa azione combinata la si cerca nei fondi economici. Purtroppo i due elementi spesso non dialogano tra di loro perché vincolati a certi aspetti burocratici, è più in vetta che andrebbero incrociate le strade. Lo scotto che paga questo tipo d’arte è proprio la sua tipologia urbana: nel momento in cui arriva in strada, incontra i problemi della strada; quando arriva sulle facciate dei palazzi, incontra i problemi dei palazzi. Ciò determina la frequente polemica sulla analisi delle priorità. Se si organizza una mostra al chiuso, invece, non emerge questo malcontento, nessuno verrà a sindacare l’iniziativa di raccogliere delle opere d’arte all’interno di un museo, perché non è immediatamente pubblico e va a incrociare altri elementi.

Come spiegherebbe, pragmaticamente, tale progetto di rigenerazione urbana attraverso l’arte?

Innanzitutto, vorrei specificare che questo genere di interventi si pone a metà strada tra riqualificazione artistica e rigenerazione sociale, non si tratta certo di una riqualificazione urbana: a nostro avviso, la riqualificazione artistica – attraverso un’opera pittorica o un’installazione scultorea - dà una nuova qualità alle superfici e ai luoghi. Non direttamente un merito o demerito, ma un carattere. Quando questa tipologia di arte insiste sui territori e dialoga bene con le comunità genera degli impatti di tipo culturale sociale ed economico.

L’impatto economico è microeconomico ed è tutto nel post-operam, dal merchandising legato all’installazione artistica, all’implementazione dei piccoli consumi sul territorio intorno a essa, ai tour organizzati per i visitatori. Il risvolto culturale è determinato dal valore autoriale delle opere installate, dalla quotazione dell’autore e dalla sua storia artistica: quello che egli lascia non è mero esercizio di stile ma una vera e propria opera d’arte. Inoltre, c’è da sottolineare che i contenuti sono prelevati dalle suggestioni riscontrate sul luogo e poi rielaborate, perciò anche le tematiche scelte diventano spunti di riflessione e di riattivazione della memoria. L’opera parlerà di un determinato argomento, di una parte della storia del paese: ciò porterà al passaggio dalla tematizzazione alla valorizzazione, grazie alla comunità che sentirà quel tema come proprio e appunto tenderà a valorizzarlo. Allora l’opera sarà, come dire, automatica. Poi c’è l’effetto di tipo sociale, quella rigenerazione che rappresenta il fine primario della riqualificazione artistica, cioè far nascere un’altra cosa. Non per cadere in semplificazioni, ma se sei in un centro la riattivazione valoriale e la rigenerazione tra le comunità che transitano lì è tendenzialmente più scontata, perché di per sé avviene in un luogo bello e attenzionato. Quando invece ci si sposta nelle periferie, ci si imbatte nelle ghettizzazioni, ovvero il principio di socializzazione e la capacità di accogliere l’altro scarseggiano: c’è un’autoreclusione per diffidenza o per sublimazione dell’abbandono. Dunque, in questo caso far entrare degli artisti in un contesto del genere, installare delle opere d’arte e organizzare dei tour rivelano la capacità di predisporre meglio le persone, che si sentiranno coinvolte e a loro volta coinvolgeranno, non percependo più chi viene da fuori come una minaccia. Questa leva educativa attraverso l’apertura all’altro, anche sui minori, è importante perché altrimenti si continua a ristagnare nell’autoreclusione e nella distanza. Tutto questo è rigenerazione sociale e porta qualcosa di nuovo in capo agli elementi che costituiscono una piccola società, quale la comunità all’interno dei quartieri.

Pertanto, andando a scandagliare il progetto Voluminosa e in generale i concetti di rigenerazione e riqualificazione urbana, si deduce sicuramente che la qualità degli spazi di una città determina la qualità di vita dei suoi residenti. Ma anche che, l’arte e la cultura hanno il potere di rigenerare un luogo con la sua storia e la sua identità, portando gli abitanti a sentirsi davvero cittadini di quella città.

Perché, come scrisse William Shakespeare nel “Coriolano”: che cos’è la città se non il popolo?

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