AMERICAN TRAVELS - CRUCIVERBA MANHATTAN

P. Gerardo Santella 13 Ottobre 2025
AMERICAN TRAVELS - CRUCIVERBA MANHATTAN

A Manhattan ti orienti facilmente perché è stata costruita a scacchiera, con le larghe avenues che tagliano l’isola in senso longitudinale, intersecate ad angolo retto da streets che, come le avenues, sono contraddistinte da numeri.

Immagina un cruciverba fatto non di caselle ma di strade, che si riempiono non di parole ma di persone che hanno una storia e si intrecciano con quelli che vengono dal lato opposto, ma anche da destra e da sinistra, in combinazioni e sequenze che variano continuamente. Parchi e piazze sono i riquadri neri che interrompono la fila ordinata delle caselle bianche.

Ma immagina anche le linee verticali dispose non su una superficie piana, ma in altezza e profondità; sopra di te, che stai sul piano stradale, si levano una selva di grattacieli e stazioni ferroviarie sopraelevate; sotto di te, nelle viscere della terra, corre la subway più estesa del mondo, che trasporta quotidianamente centinaia di migliaia di persone, che risalgono dal grembo della città all’aria e alla luce.

Curiosamente anche le case a schiera uni o bi-familiari dei quartieri residenziali sono costruite come tante Manhattan in miniatura.

Dal marciapiede, da una scala di pochi gradini, protetta ai lati da una ringhiera di ferro o di mattoni, si giunge all’altezza di un ammezzato. Qui c’è la porta d’ingresso. Si entra. All’interno un corridoio fiancheggiato da un soggiorno salotto e una sala da pranzo, sul retro cucina e servizi. una stretta scala di legno conduce al piano superiore, dove sono le stanze da letto, un’altra scala scende al piano inferiore, il cosiddetto basement: un interrato munito sul prospetto principale di finestra, spazio attrezzato per la lavanderia, deposito, stanza per ospiti da cui accedi anche al garage e che sul retro apre in un piccolo giardino, generalmente ben curato, dove in un angolo è posta l’immancabile griglia per il barbecue.

A casa di mia sorella siamo per una settimana in tredici e ci muoviamo proprio come nel cruciverba di Manhattan.

Si sale sono stanco vado a letto good night si scende dormito bene? che caldo stanotte! Pronto per la passeggiata nel parco? Ci si ritrova in cucina per il breakfast buona questa muffin al cioccolato preferisco corn flakes e succo d’arancio non è poi tanto male questo caffè americano nel salotto papà non hai preso America oggi? Si va al Central park hai visto la cartina della subway? Cosa si mangia al dinner stasera? Per le scale vado a prendere la borsetta ho dimenticato le pillole portati una maglia per l’aria condizionata a che ora passa il bus?

In orizzontale e in verticale si intrecciano rapidi momenti di vita, in un andirivieni di incontrarsi allontanarsi perdersi ritrovarsi.

GREAT WHITE STREET
È, secondo le parole del poeta Ezra Pound, “la nostra grande poesia, perché abbiamo tirato giù le stelle a nostro piacimento”.

È Times Square, “La grande via banca”, là dove Broadway, l’unica avenue che rompe lo schema ortogonale di Manhattan in senso trasversale, si incontra con la Settima Avenue; bianca perché le insegne luminose e colorate, che fino agli anni Venti erano fatte solo di lampade bianche, che abbagliano, pulsano e paiono accalcarsi in una gara per attrarre l’attenzione.



Qui si sente battere il cuore della città, quando fiumi di spettatori all’uscita dai cinema e dai teatri si uniscono alle migliaia di persone che passeggiano sotto le insegne al neon lampeggianti, “che - così scrive Saul Bellow nel romanzo Il dono di Humboldt - come le cellule di una vena capillare osservata al microscopio, cangiano di forma, elastiche, cozzanti”.

Miracolosamente le folle, che in senso opposto procedono su un marciapiede o attraversano la strada appena compare l’icona del passante sul semaforo di fronte, non si scontrano mai, quasi come se passassero per invisibili interstizi o si attraversassero l’una nell’altra.

E la pubblicità va al di là della semplice comunicazione; si sviluppa in una forma d’arte di carattere metropolitano e popolare, che unisce bellezza, architettura e tecnologia.

Una piazza in cui il giorno non tramonta mai.

Times Square è bella anche di giorno, non solo quando cadono le ombre della sera e si illumina a giorno in una miriade di stelle artificiali.

Specialmente ora che è stata pedonalizzata e permette ai visitatori di volgere tranquillamente gli occhi in su, senza dover fare attenzione alle auto in giù.

Le aziende pubblicitarie fanno a gara nell’allestire i tabelloni più strani e spettacolari che attraggano l’occhio dell’osservatore.

Ne guardo uno in alto a destra, contrassegnato dal numero 21. Riproduce l’immagine delle persone che lo guardano nello spazio di fronte a terra.

Faccio una foto.

Nell’obiettivo vedo nel tabellone me stesso che faccio una foto in un gioco speculare di virtualità e realtà.

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