ARABISMI: parole a bizzeffe

P. Gerardo Santella 26 Aprile 2023
ARABISMI: parole a bizzeffe

A pranzo ho mangiato per primo un risotto con zafferano, per secondo kebab con contorno di melanzane, spinaci, carciofi e capperi, per frutta un’albicocca e ho terminato con una tazza di caffè con zucchero e un bicchierino di zibibbo.

Non so se questo pasto possa essere di vostro gradimento, ma qui ci interessano le parole con i cibi e, sotto questo aspetto, come ho evidenziato in grassetto, i nomi di tutte le pietanze del pranzo ci derivano dalla lingua araba.

E questo fenomeno linguistico di traslazione non interessa solo i generi alimentari, ma anche i traffici e i commerci: almanacco, arsenale, bazar, darsena, dogana, gabella, magazzino, tariffa, risma, zecca, carovana), minerali di importazione (ambra, soda, talco, catrame, il campo delle scienze: chimica alcool, elisir, sciroppo; dell’astronomia e matematica: algebra, azimut, algoritmo, cifra, zero).

E accanto a queste parole settoriali provengono dall’arabo anche molte parole comuni: giubba, materasso, tazza, alfiere, scacchi (scacco matto traduce l’arabo shab mat, che vuol dire lo scià è morto).

Mi soffermo, per curiosità, solo su due parole:

ragazzo: da raqqas.

indicava il portalettere, che con buona lena e correndo molto svolgeva il suo umile lavoro. Doti che erano proprie di giovinetti che per questo erano utilizzati per portare per portare missive da una parte all’altra della città. Nel corso del tempo poi la parola finì per perdere la sua particolare funzione per indicare comunemente tutti gli adolescenti.

assassino: da hashishiya, fumatore di hashish.

Storicamente la parola si fa risalire agli inizi del primo millennio nel Medio Oriente, quando in Persia si affermò negli equilibri di potere della regione la setta islamica terrorista dei Naziriti, nota anche come Assassini, che perseguivano i loro obiettivi politici tramite un uso sistematico dell’omicidio. Si dice che prima di commettere gli omicidi fossero soliti fumare hashish, che infondeva loro euforia e maggiore coraggio negli scontri armati.

Tutte queste parole finora citate vengono dal passato e risalgono all’espansione araba nel Mediterraneo, in particolare nella Sicilia e nel Sud della Spagna, dove gli Arabi furono maestri in vari campi del sapere. Non ci devono dunque sorprendere gli arabismi nel nostro paese, perché, come scrive Beccaria: “Una lingua diffonde il proprio lessico quando si presenta sulla scena mondiale con un particolare prestigio, con una cultura di molto rilievo, un dominio su tecniche e scienze”.

Sta di fatto che, nonostante la numerosa presenza di molte etnie diverse dalla nostra, queste non hanno promosso nuove e importanti parole. Perché portano braccia per lavorare, non cultura, a testimonianza che il mondo delle comunità extracomunitarie sia da noi privo di prestigio sociale.

E ricordiamo, infine, vu cumprà la parola affermatasi fin dal 1986, diventato un sostantivo per indicare tutti gli uomini provenienti dall’Africa.

P.S. Bizzeffe del titolo è anch’essa un arabismo e significa molto.

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